Un caso di violenza sessuale al muraglione nel 1800

ALESSANDRO GRAVANTE
Il 26 luglio 1859 il giudice del Circondario di Capua è a Grazzanise. La notizia di reato è  gravissima: una violenza sessuale, lei 11 anni, lui 15. Quel giorno l’inquirente ascolta alcune persone informate sui fatti. Il giorno dopo, invece, ispeziona il luogo dove sarebbe avvenuto il fatto: un casolare disabitato, isolato e pericolante situato lungo la sponda del fiume Volturno. Dagli atti centocinquant’anni, merita di essere ricostruita per
emerge una vicenda che, a distanza di più dinriflettere su come il processo, in assenza di adeguate tutele, possa far male alla vittima quanto più del reato stesso, se non di più.
1. 9 luglio 1859
Grazzanise, 9 luglio 1859. È mezzogiorno e la vedova Maria è appena tornata dal lavoro in campagna quando viene a sapere che circa un’ora prima sua figlia Teresa (di 11 anni) è stata violentata. A raccontarglielo è Paolo, l’altro suo figlio, di tre anni più piccolo della sorella2.
I due fratelli erano nel cortile antistante la casa della zia quando vi arrivava Salvatore (di 15 anni), il quale invitava Teresa a seguirlo e, presala per mano, si allontanava con lei dal cortile.
Dopo un po’, non vedendola ritornare, Paolo se ne metteva alla ricerca e, giunto nel luogo detto il muraglione, notava lei e Salvatore uscire da un casolare disabitato, isolato e pericolante situato lungo la sponda del fiume Volturno.
Dunque, il quindicenne abbandonava frettolosamente il posto, mentre Paolo raggiungeva la sorella e apprendeva  da lei che lì nel casolare Salvatore l’aveva appena violentata3.

Ad una tale notizia Maria corre alla ricerca dell’accusato di violenza sessuale. Lo trova, gli urla contro !» e gli
«Lazzarone, come hai avuto tu il coraggio di scherzare con mia figlia Teresa? e gli  assesta due pugni; il ragazzo «nega ogni addebito» e scappa
Poi Maria rincasa, parla con la figlia la quale le conferma il racconto del fratello Paolo le trova la camicia macchiata di sangue, le osserva i genitali e riscontra che la giovane è stata deflorata5.
La picchia. Due vicine di casa vedono la madre battere la figlia e ne chiedono alla prima il perché:

1 ARCHIVIO STATO
CASERTA (di seguito ASCE), 1859), f. 321, proc. 6630,
DI
Corte criminale, I camera (1841/
«Stupro violento consumato in danno di […] Teresa (anni 11). Contro: […] Salvatore». Si segnala che il fondo citato
conserva numerosi fascicoli processuali relativi a vicende di violenza sessuale, tema sul quale si vedano
La violenza
XXI), a cura di S. FECI – L. SCHETTINI
contro le donne nella storia. Contesti, linguaggi, politiche del diritto (secoli XV-
Roma, 2017; J. BOURKE,
oggi, Bari, 2011. Invece, in materia di Stupro. Storia della violenza sessuale dal 1860 a giustizia criminale nel Regno delle Due Sicilie si vedanoIl Codice per lo Regno delle due Sicilie. Elaborazione, borbonico, a cura di F. MASTROBERTI – G. MASIELLO,
applicazione e dimensione europea del modello codicistico Napoli, 2020; D. NOVARESE,
Istituzioni e processo di codificazione nel Regno delle Due Sicilie. Le «Leggi penali» del
1819, Milano, 2000; G. GRECO,
Criminali, in Istituzione e procedure delle Gran Corti Il Mezzogiorno preunitario.
istituzioni, a cura di A. MASSAFRA, Bari, 1988, pp. 533-547; G. LANDI,
Economia, società e Istituzioni di diritto
-1861), II, Milano, 1977, p. 841 ss.; E. FRESA,
pubblico del Regno delle Due Sicilie (1815
La Gran Corte Criminale e le d’Italia, «La giustizia penale: rivista critica di dottrina, giurisprudenza,
antiche Corti di Giustizia nel Mezzogiorno legislazione», 1937, 43, pp. 377-402; N. NICOLINI,
Sicilie, voll. II,
Della procedura penale nel Regno delle Due Livorno, 1843; F. CANOFARI,
Comentario su la parte quarta del Codice per lo Regno delle Due Sicilie o sia su le leggi della procedura ne’ giudizi penali, voll. IV, Napoli, 1830; ID.,
Comentario sulla parte seconda del Codice per lo Regno penali, voll. III, Napoli, 1819. delle Due Sicilie ossia sulle leggi
2 ASCE, ivi, Dichiarazione di Maria al supplente giudiziario, Grazzanise, 9 luglio 1859.
3 ASCE, ivi, Verbale di esame di Paolo, Grazzanise, 26 luglio 1859. Raggiunta la sorella, Paolo le chiese dove fosse
stata e Teresa gli rispose di essere stata «col Salvatore in quel casaleno» e di aver «fatto la porcheria col medmo».
4 ASCE, ivi, Dichiarazione di Maria al supplente giudiziario, Grazzanise, 9 luglio 1859.
5 Ibidem.

Maria racconta loro quanto accaduto e a una delle due mostra anche la camicia e le parti intime della ragazza 6.
Ma ad osservare le parti intime di lei la madre vuole che sia anche la levatrice Angela, verso la cui casa subito s’incammina insieme alla figlia. Vi arriva e trova la donna «ammalata»7. Pertanto Angela suggerisce a Maria di andare da un’altra levatrice del posto, cioè Agnese. E così la vedova si rimette in cammino e arriva a casa di questa, la quale, nell’osservare i genitali di Teresa, rileva che la undicenne ha «rapprese di sangue»8 le parti intime e la camicia ed è stata «di fresco deflorata»9.
Infine, Maria denuncia il fatto al supplente giudiziario di Grazzanise, Giuseppe Longo, il quale dispone in quello stesso giorno un accertamento sul corpo della ragazza10. Il rapporto che neesita, a firma dei professori sanitari Pietro Marraffa e Domenico Nuzzi, è molto eloquente. Vi si legge:
«[…] abbiamo ritrovata lacerata la vagina, e dalla medesima usciva poca quantità di sangue prodotta e causata
da confricazione, e come suole sopravvenire infiammazione, suppurazione ecc. ecc. così si giudica da noi pericolosa di vita per gli accidenti, e deflorata di sua natura»11.
Il giorno dopo il supplente giudiziario trasmette il verbale della dichiarazione di Maria e il rapporto sanitario al giudice del Circondario di Capua.
2. L’interrogatorio di Salvatore
Arrestato12 e il 12 luglio 1859 interrogato dal giudice del Circondario, Salvatore si dichiara innocente. L’accusa? «[T]utto falso»13, risponde il ragazzo; e non aggiunge altro, né lo fa quando il giudice lo sollecita in tal senso.
6 Le vicine di casa in questione sono le contadine Eugenia e Cecilia. Dal confronto delle loro deposizioni sembra
evincersi che abbiano visto la madre battere la figlia, e ne abbiano poi chiesto alla prima il motivo, in momenti diversi.
Infatti, Eugenia racconta che quando chiese a Maria delle percosse, quest’ultima inizialmente le rispose che «ognuno
saper dovea gli affari propri», per poi dire «in pubblico, che [Salvatore] in quella mattinata avea condotta seco [Teresa] nel casaleno disabitato […], e colà l’avea stuprata». Invece, a Cecilia (qualificata nel verbale di esame come «[z]ia cugina dell’imputato e della stuprata»), Maria non rispose in maniera brusca: le disse che Salvatore «avea avuto l’ardire di condurre seco da sua figlia nel casaleno […], e stuprarla» e poi le «fece vedere l’operato alzando la gonnellina alla ragazza, e mostrandole il fresco sangue di cui era rappresa la camicia, ed imbrattate le parti pudenti». L’episodio delle percosse è riferito anche dalla contadina Palumbo: ella «vide nella mattina del successo, sotto l’ora di mezzo giorno, battere la ragazza Teresa […] dalla propria madre Maria […], ed intese, e seppe dalla stessa, che Salvatore […] avea condotta seco da sua figlia in quella mattina nel casaleno disabitato al muraglione […], ed ivi avea avuto l’ardimento di violentarla nell’onore». ASCE, ivi, Verbali di esame di Cecilia e della Palumbo, Grazzanise, 26 luglio 1859; e Verbale di esame di Eugenia, Capua, 7 agosto 1859 e.
7 ASCE, ivi, Verbale di esame di Angela, Grazzanise, 26 luglio 1859.
8 ASCE, ivi, Verbale di esame di Agnese, Grazzanise, 26 luglio 1859.
9 Ibidem.
10 Maria, dunque, si sposta dalla propria casa verso quella della levatrice Angela e da lì verso la casa della levatrice
Agnese, per raggiungere infine il supplente giudiziario. Nel corso di uno di questi spostamenti, Maria incontra la
contadina Anna, «zia affine di ambo le parti». Anna racconta che, avendo visto Maria «tutta disturbata», gliene chiese il motivo: la vedova, quindi, «le manifestò che Salvatore […] avea avuto l’ardire di condurre da sua figlia nel casaleno
[…] al muraglione, e di stuprarla, e nel dirle ciò alzò la gonna … alla ragazza, e la fece osservare lo attentato
commesso, mostrandole il fresco sangue di cui erano intrise le parti pudenti, e la camicetta». Infine, Anna aggiunge che «la ragazza è alquanto stupida, e senza sviluppo». ASCE, ivi, Verbale di esame di Anna, Grazzanise, 26 luglio 1859.
11 ASCE, ivi, Rapporto sanitario, Grazzanise, 9 luglio 1859.
12 Non è chiaro quando Salvatore sia stato arrestato. Alcuni testimoni – le contadine Anna ed Eugenia, la levatrice
Agnese e Luigi (sul quale cfr. par. 3.2) – lo intesero arrestato il giorno seguente al fatto denunciato; mentre Cecilia lo
intese arrestato il giorno stesso. In merito all’arresto, è poi da considerare un rapporto del 12 luglio 1859 dell’ispettore
di Polizia di Capua diretto al giudice del Circondario. Di questo rapporto ci sono, però, alcuni passaggi che ci risultano poco leggibili, rendendoci così non agevole la ricostruzione delle dinamiche dell’arresto. Di seguito si riporta il testo, seppur parziale, del rapporto: «Venendomi riferito che la nominata Teresa […] di Grazzanise di anni 11 era stata deflorata dal giovane Salvatore […] dello stesso Comune, e che il fratello di costui a nome Michele rispondendo a
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L’interrogatorio, dunque, sembra terminato, ma quando Salvatore è sul punto di essere riaccompagnato in carcere, ecco che a sua discolpa aggiunge: «che la mattina del dì 9 andte luglio, quando dicesi avvenuto il fatto, ben per tempo andò al fiume, e ne fece ritorno dopo il mezzo giorno, come può deporsi dal figlio di Giuseppe […] di nome Luigi, ed altri, che non sa indicare»14.

3. L’istruttoria
Il 26 luglio 1859 il giudice del Circondario muove alla volta di Grazzanise. Sono due le ragioni per cui ha deciso di indagare sul posto: innanzitutto, perché lo ritiene opportuno ai fini della migliore riuscita delle indagini; e poi, perché così non si dovranno rimborsare le spese di viaggio che i testimoni avrebbero dovuto sostenere per recarsi a Capua presso il Giudicato Regio.
Giunto in paese, l’inquirente ordina la citazione di diciassette testimoni15 – o, volendo usare la terminologia corrente, di persone informate sui fatti – affinché questi gli si presentino in quello stesso giorno, e subito, per essere esaminati. Di tutti i citati, però, quel giorno se ne presentano solo tredici: tre saranno poi ascoltati il 7 agosto e l’ultimo il 1916.
La prima ad essere esaminata è Maria. A seguire Teresa.
3.1. L’esame di Teresa
«Nel medmo dietro scritto giorno 26 luglio 1859 si è successivamente e previa citazione presentata la ragazza
Teresa […], di anni 11, contadina nata, e domta in Grazzanise.
Avvertita la stessa a dire il vero, e parlare senza timore, e domandat’ analogamente sul fatto dello stupro in pna
di lei, ha nello insieme di tutto il suo rispondere, dichiarato: che ella, in assenza della madre Maria […], ch’era andata in campagna, se ne stava unitamente a suo ftlo Paolo nel cortile della casa della comune zia […], sita a poca distanza dalla propria casa di abitazione, quando, a circa un’ora prima di mezzo giorno, pervenuto era colà Salvatore […], il quale, dicendole “Vieni con me”, aveala presa per mano, e condotta seco nel muraglione per le vicine viottole, senza dirle perché. Che giunti in quel luogo aveala introdotta nel sottano di casa di Rachela […], disabitato, e messo fuori l’abitato, e dandole là dentro un pezzo di pane, e poche prugne,
l aveva fatta situare a terra, ed alzatale la gonna, le si era coricato sopra e dopo averle fatto sentire del dolore nelle
cosce, tenendole con una mano otturata la bocca per farla star zitta, e stando viso, a viso, aveala fatta voltare, e mettere carponi a terra, e così situata aveale per la parte di dietro rinnovato l’atto: che, terminato questo, le insinuò di nulla dire alla madre, mentre in opposto l’avrebbe battuta; e che uscendo poi dal casaleno tutti due incontrato aveano il cennato ragazzo Paolo, ftlo di lei, ed allora il Salvatore erasene andato via frettoloso, ed essa, rimasta in compagnia di do suo ftlo, manifestò al medmo ciocchè aveale fatto colui.
Dietro analoghe altre dimande, ha risposto nel modo come ha saputo spiegarsi: che ella intese, come sopra, del dolore nelle cosce in ambo le volte, che il Salvatore si coricò su di lei prima
viso a viso, e poi standone carponi a terra, tanto, che dopo gli atti si vide intrisa di sangue e nelle cosce, e nella camicia: che lungo il tratto di strada, dal cortile della zia […] sino al casaleno non aveano incontrato alcuno, né d’alcuno erano stati visti; e che essa poi, allo arrivo della madre, niente aveale detto per tema di essere battuta»17.
3.2. L’esame di Luigi
Tra i testimoni esaminati dal giudice il 26 luglio c’è anche Luigi (di 14 anni), vale a dire l’unica persona che l’indagato aveva saputo identificare in sede di interrogatorio tra quelli che Maria […] madre [di Teresa], la quale inveiva contro l’autore dello stupro, percuoteva la [madre] … producendole grave offesa sul capo …, e li ho spediti in … a sua disposizione».
13 ASCE, ivi, Verbale di interrogatorio di Salvatore, Capua, 12 luglio 1859.
14 Ibidem.
15 I testimoni citati sono: Maria, i suoi figli Teresa e Paolo e la zia; le vicine di casa Cecilia ed Eugenia e la contadina
Palumbo (cfr. nota 6); le levatrici Angela e Agnese; la contadina Anna (cfr. nota 10); l’unico testimone a discarico che
l’accusato ha saputo indicare, Luigi; la proprietaria del casolare, Rachela; e cinque persone che abitano in prossimità delmuraglione (cfr. nota 23).
16 I testimoni ascoltati il 26 luglio sono: Maria, Teresa, Paolo, Cecilia, Rachela, Palumbo, le levatrici Agnese e Angela,Anna, Luigi e tre abitanti vicino al muraglione (Giuseppe, Fusaro e Raimondo). Quelli esaminati il 7 agosto, invece,sono: due abitanti vicino al muraglione (i coniugi Anastasia e Antonio) ed Eugenia. Il 19 agosto, infine, è ascoltata lazia. I testimoni sono riportati nell’ordine in cui sono stati esaminati dal giudice.
17 ASCE, ivi, Verbale di esame di Teresa, Grazzanise, 26 luglio 1859.
GRAVANTE, Un caso di violenza sessuale al muraglione
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possono confermare il suo alibi. Si ricorderà, infatti, che Salvatore aveva sostenuto di essere stato lungo il Volturno quando Teresa veniva violentata e che lì con lui c’erano il suddetto Luigi e altri di cui però non aveva saputo dire i nomi.
Ebbene, Luigi conferma di essere stato al fiume in compagnia dell’indagato, ma ciò fu – e qui le versioni dei due adolescenti divergono – dopo il mezzogiorno, non prima. Lungo il fiume – ricorda ancora Luigi – si trattennero per circa un’ora e, mentre erano lì, Salvatore nulla disse a proposito dei fatti oggetto d’indagine.
C’erano altri con loro? Nulla dice sul punto il testimone, né risulta dal verbale che il giudice glielo abbia chiesto18.

3.3. Il casolare
Il 27 luglio 1859 il giudice del Circondario è ancora a Grazzanise. Con lui, oltre al cancelliere, ci sono anche due periti (i contadini Saverio Raimondo e Nicola Rullo), la cui assistenza il giudice aveva richiesto per ispezionare sia il cortile dove i due fratelli erano all’arrivo di Salvatore, sia il casolare dove Teresa racconta di essere stata violentata.
Con l’ispezione si vuole non solo «osservare, e riconoscere legalmente»19 la casa e il casolare, ma anche verificare se qualcuno avesse potuto vedere Teresa e Salvatore mentre percorrevano la strada che collega i due luoghi.
A guidare giudice, cancelliere e periti in questo sopralluogo c’è il giovanissimo Paolo, fratello della vittima.
Il gruppo, dunque, si mette in moto. Si inizia con il cortile: «un piccolo spiazzo aperto, e pubblico, messo avanti» la casa della zia. Si prosegue, poi, per le «viottole quasi disabitate, che menano al muraglione», un luogo, quest’ultimo, periferico, «del tutto disabitato, e sporgente al fiume Volturno». Si giunge, infine, al casolare: «messo sulla sponda di do fiume», anch’esso si presenta «del tutto disabitato [nonché] isolato e periclitante, per averne le acque sottostanti del fiume medmo rose le fondamenta»20.
Ricapitolando, il muraglione risulta il posto ideale per passare inosservati. Non a caso Teresa ricorda che, mentre Salvatore ve la conduceva, «non aveano incontrato alcuno, né d’alcuno erano stati visti»21; e pure Paolo racconta che «in quel luogo non vi era alcuno»22.
Premesso ciò, sicuramente opportuna è stata la scelta del giudice del Circondario di citare come testimoni anche chi abita in prossimità del muraglione23. Ne esamina cinque, ma il contributo conoscitivo che apportano all’istruttoria è pressoché nullo: quattro di loro raccontano di non essere stati in zona la mattina del 9 luglio24; invece la quinta ricorda che, mentre era di ritorno dalla campagna, vide Maria mazziare Teresa «senza che là per là conosciuta ne avesse la causa»25, per poi apprenderla dopo un po’ «dalla voce pubblica»26.
18 ASCE, ivi, Verbale di esame di Luigi, Grazzanise, 26 luglio 1859.
19 ASCE, ivi, Verbale di ispezione, Grazzanise, 27 luglio 1859.
20 Ibidem.
21 ASCE, ivi, Verbale di esame di Teresa, Grazzanise, 26 luglio 1859.
22 ASCE, ivi, Verbale di esame di Paolo, Grazzanise, 26 luglio 1859.
23 Il 19 luglio 1859 il giudice del Circondario chiedeva al sindaco di Grazzanise, Giovanni Nuzzi, di indicargli «tutti
coloro che abitano in vicinanza della casa di Rachela»; e in risposta il primo cittadino ne elencava cinque: Fusaro,
Raimondo, Giuseppe e i coniugi Antonio e Anastasia. ASCE, ivi, Nota del giudice del Circondario al sindaco di
Grazzanise, Capua, 19 luglio 1859.
24 Antonio, Fusaro e Giuseppe dichiarano di essere stati in «campagna» la mattina del 9 luglio, mentre Raimondo di
essere stato «in Brezza per affari del suo mestiere». Tutti, poi, aggiungono di aver saputo della violenza sessuale «per
racconto pubblico»; e Giuseppe e Fusaro precisano che solo a Salvatore il fatto in questione era stato imputato. ASCE,
ivi, Verbali di esame di Giuseppe, Fusaro e Raimondo, Grazzanise, 26 luglio 1859; e Verbale di esame di Antonio,
Capua, 7 agosto 1859.
25 ASCE, ivi, Verbale di esame di Anastasia, Capua, 7 agosto 1859.
26 Ibidem.
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3.4. L’esame della zia e la conclusione dell’istruttoria
A questo punto resta da dire di un personaggio finora rimasto sullo sfondo, ma che pure ha giocato un ruolo non indifferente nello sviluppo degli eventi. Il riferimento è alla zia: dove era e cosa faceva mentre Salvatore giungeva nel cortile e se ne allontanava con Teresa? Era in casa «occupata alle sue faccende»27, per cui «di nulla si accorse». Verso l’ora di pranzo, poi, vide Maria dirigersi verso la propria casa insieme alla piccola Teresa. La zia racconta al giudice che Maria era «irritata, e dispiaciuta contro» Salvatore perché questi aveva violentato sua figlia; e, poi, che ebbe modo di riscontrare – avendole la madre mostrato i genitali della giovane28 – che Teresa era
«stuprata di fresco»29.
Finito l’esame della zia, risultano sentiti tutti i diciassette testimoni citati, e a questo punto la
istruttoria si avvia verso la conclusione.
Il 27 agosto ha luogo un secondo accertamento sul corpo della ragazza su disposizione del supplente giudiziario e da parte degli stessi professori sanitari che eseguirono il primo. Nel verbale si legge: «[…] abbiamo ritrovato che quel laceramento descritto nel nel [sic] nostro primo rapporto de’ 9 Luglio si è perfettamente cicatrizzato, per cui cessato ogni pericolo di vita per tal causa, ma è rimasto il defloramento»30.
Infine, alla luce degli elementi raccolti durante le indagini, il procuratore generale del re, cav. Morelli, chiede alla Corte Criminale di legittimare l’arresto dell’indagato, «[a]tteso che poderosa pruova sta contro»31 di lui. E la Corte, all’unanimità, accoglie la richiesta, visto che «il processo offre bastevoli indizii di reità contro il prevenuto»32.
4. La pubblica discussione
Il 21 settembre 1859 il procuratore generale del re stila l’atto di accusa:
«Nel dì 9 Luglio ultimo Salvatore […] di Grazzanise, adescando con poco pane, la ragazza di anni dodici non
compiuti, Teresa […], la condusse a mano in un diruto casaleno fuori l’abitato, prossimo alla sponda del fiume
Volturno, ed ivi violentemente la stuprò, ripetendo l’atto turpe anche nelle parti deretane. Arrestato [Salvatore], ed interrogato, si è reso negativo.
La istruzione offre pruove non dubbie della reità di esso [Salvatore], il quale trovasi di già legittimato in
arresto.
Egli nacque nel […] 1844, quindi all’epoca del reato contava la età di anni 15 compiti. In consequenza [sic] il Procurator Generale del Re presso la Gran Corte Criminale di Terra di Lavoro accusa Salvatore […] di stupro violento consumato in persona della ragazza di anni dodici non compiti, Teresa […], ai termini degli articoli 333 339 n 1° e 66 Leggi Penali.nPer lo che richiede procedersi contro del medesimo innanzi alla Gran corte criminale»33.
27 ASCE, ivi, Verbale di esame della zia, Capua, 19 agosto 1859.
28 In conclusione, risultano quattro i testimoni a cui la madre ha mostrato i genitali della figlia: la vicina di casa Cecilia
(cfr. nota 6), la contadina Anna (cfr. nota 10), la zia e la levatrice Agnese. Esclusa la levatrice, le restanti tre donne
hanno in comune l’essere parente di Teresa: in considerazione di ciò potrebbe forse spiegarsi perché la madre abbia
mostrato le parti intime della figlia a loro e non anche alle contadine Palumbo ed Eugenia.
29 Con riferimento all’esame della zia, c’è un particolare da segnalare. La donna si recò a Capua dal giudice del Circondario il 19 agosto, cioè ventitré giorni dopo la citazione. Per questo motivo, la prima domanda che il giudice le pose è perché si fosse «mostrata restia finora a presentarsi»; e lei spiegò di non essersi presentata prima «per causa di malattia». Confessiamo, però, di aver pensato che la ragione del suo ritardo potesse essere stata un’altra, cioè il suo sentirsi, a dir così, “un po’ colpevole”: se avesse vigilato attentamente – potrebbe aver pensato la donna – sarebbe accaduto quel che è accaduto?
30 ASCE, ivi, Rapporto sanitario, Grazzanise, 27 agosto 1859.
31 ASCE, ivi, Requisitoria del pubblico ministero, Santa Maria, 6 settembre 1859.
32 ASCE, ivi, Deliberazione della Corte criminale, Santa Maria, 14 settembre 1859.
33 ASCE, ivi, Atto di accusa a carico di Salvatore, Santa Maria, 21 settembre 1859. Di seguito gli articoli citati:
Art. 333: «Lo stupro violento consumato sopra individui dell’uno o dell’altro sesso sarà punito colla
reclusione».
Art. 339: «Lo stupro ed ogni altro attentato al pudore si presume sempre violento, 1° quando sia seguito in
persona che non abbia ancor compiuto gli anni dodici».
GRAVANTE, Un caso di violenza sessuale al muraglione
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Intanto, Salvatore è tradotto nella prigione di Santa Maria (l’odierna Santa Maria Capua Vetere). Ai giudici della Corte Criminale l’accusato ribadisce la versione dei fatti già rappresentata al giudice del Circondario34. La Corte, poi, lo dichiara all’unanimità in legittimo stato di accusa per il misfatto contestatogli35. Seguono, infine, gli adempimenti propedeutici alla pubblica discussione, che è fissata per sabato 8 ottobre 1859. A difendere Salvatore dalle accuse sarà don Antonio Pacifico, difensore che la Corte gli ha assegnato d’ufficio, non avendo potuto l’imputato
scegliersene uno di fiducia per ragioni economiche.
L’8 ottobre 1859 cade di sabato. Nel collegio giudicante siedono: Parisio, Fusco, Barnaba, Fortini, Mastrangelo, Del Porto e Merenda36. Pubblico ministero (di seguito P.M.), invece, è il cav. Morelli. In aula ci sono anche Salvatore e il suo difensore, don Pasquale Fortini, sostituto dell’avvocato Pacifico, «impegnato in altra causa»37.
Tutti presenti, poi, sono gli otto testimoni citati dall’accusa (ci sono la madre Maria e i suoidue figli, le levatrici Angela e Agnese e le contadine Cecilia, Anna e Palumbo). Testimoni a discarico, invece, non vi sono: la difesa non ha presentato una lista testi.
Gli esami dei testimoni scorrono velocemente (tutti confermano le dichiarazioni rese nell’istruttoria al giudice del Circondario) e, una volta terminati, la difesa dell’imputato chiede che Teresa «sia riosservata […] onde stabilirsi se lo stupro sia consumato, o semplicemente tentato». La Corte, «a parità», accoglie la richiesta, incarica tre periti sanitari di occuparsene (don Giuseppe Sgueglia, don Gennaro de Caprio e don Gabriele de Angelis) e, infine, sospende l’udienza, disponendone il prosieguo lunedì 10 ottobre.
E così il 10 ottobre la pubblica discussione riprende da dove era stata sospesa. In aula ci sono la corte, il P.M. Troise, il difensore don Fortini e l’imputato. Presenti sono pure i periti sanitari citati, Teresa e la madre. Si legge nel verbale:
«i periti analogamente richiesti hanno osservata la ragazza suda, ed han dichiarato che riconoscono nelle
pudende della giovanetta […] l’orifizio dilatato alquanto, le rughe alquanto spianate, e l’imene affatto distrutto, perciò han giudicato che la ragazza sia stata completamente stuprata»38.
Il passo citato merita qualche riflessione. L’impressione che si ha leggendolo è che l’«ispezione» sia stata fatta in udienza alla presenza di tutti gli altri soggetti detti, incluso l’imputato. Il verbale non dà conto di particolari modalità di esecuzione più rispettose della persona.
Art. 66: «Quando il colpevole abbia compiuto l’anno quattordicesimo, ma non sia giunto all’età di diciotto
anni, allora alla morte, all’ergastolo, ed al quarto grado de’ ferri vien sostituito il terzo grado de’ ferri nel presidio. Tutte le altre pene criminali – proseguiva il secondo comma – saranno diminuite di uno a due gradi; ed i ferri saranno sempre espiati nel presidio. I soli parricidi – concludeva il terzo comma – saran puniti colla morte, compiuto il loro anno sedicesimo».
Per un’analisi dell’art. 66 cfr. CANOFARI, Comentario sulla parte seconda… cit., I, pp. 172-187. Sugli artt. 333
e 339, invece, cfr. ID., Comentario sulla parte seconda… cit., III, pp. 79-100.
34 ASCE, ivi, Verbale del costituto, Santa Maria, 24 settembre 1859.
35 ASCE, ivi, Deliberazione di sottoposizione all’accusa, 24 settembre 1859. Tale deliberazione era regolata dall’art.
155 delle Leggi della procedura ne’ giudizj penali, che prescriveva: «Se nel caso in cui non sieno necessarie le ulteriori
indagini, o nel caso che queste sieno state praticate, risulti sufficientemente fondata la reità dell’imputato, la gran Corte
lo dichiarerà in legittimo stato di accusa; ed ordinerà che si proceda contro di lui per lo misfatto di cui è accusato, o
innanzi alla gran Corte criminale, o innanzi alla gran Corte speciale, secondochè il reato porti all’una o all’altra
competenza».
36 Di regola i componenti del collegio erano sei. Nondimeno, era possibile che ve ne fosse un altro ai sensi dell’art. 228
delle Leggi della procedura ne’ giudizj penali, che prevedeva: «Se la discussione sia tale che fin dal principio si vegga
che dovrà protrarsi a più giorni, può il presidente disporre che vi assista, oltre il numero ordinario de’ giudici, un altro
giudice o della stessa gran Corte o del tribunale civile, il quale faccia le veci dell’ordinario nel caso di suo impedimento
o non intervento».
37 ASCE, ivi, Verbale della pubblica discussione, Santa Maria, 8 ottobre 1859.
38 ASCE, ivi, Verbale della pubblica discussione, Santa Maria, 10 ottobre 1859.
GRAVANTE, Un caso di violenza sessuale al muraglione
Rivista di Terra di Lavoro – Bollettino on-line dell’Archivio di Stato di Caserta – Anno XVII, n° 2 -ottobre 2022 – ISSN 2384-9290

Ad ogni modo, conclusa la raccolta delle prove, non resta che lasciare la parola alle parti
perché formulino le rispettive conclusioni: il P.M. chiede che Salvatore sia condannato alla pena
della prigionia39 e alle spese del giudizio; il difensore, invece, «alleg[a] tutt’i mezzi di difesa a favore» dell’accusato.

 

La Corte, quindi, si ritira in camera di consiglio per deliberare.

5. La condanna

Il ragionamento che la Corte sviluppa per motivare la propria deliberazione muove dalla descrizione del fatto. In sintesi: Paolo e Teresa nel cortile, l’arrivo di Salvatore, lui con lei verso il muraglione, la violenza sessuale nel casolare, il ritorno della madre dalla campagna, l’«inatteso annunzio»40 di Paolo, la reazione della donna, l’intervento delle vicine, la ricerca di una levatrice, la denuncia.
Segue, poi, il riferimento agli accertamenti compiuti sul corpo di Teresa in fase di indagine e alla perizia eseguita durante la pubblica discussione: alla luce dei relativi esiti la Corte osserva che «l’esistenza dello stupro […] sia un fatto incontestabile». A ciò si aggiungano pure gli immediati riscontri della madre e delle altre donne chiamate a testimoniare, nonché la «ingenuità» con cui Teresa «riferiva […] i particolari» della violenza subita e con cui Paolo rappresentava «le cose da lui vedute ed intese».
Non è tutto: ai sensi dell’art. 339 delle Leggi penali «lo stupro anzidetto è da ritenersi per violento» perché commesso ai danni di una persona minore di dodici anni. Si legge nel verbale:
«Ed invero la persona, quando non abbia compiuto gli anni dodici è piuttosto un essere passibile, da non potersi guarentire da se stessa. La sua debolezza e la sua ignoranza è tale da renderla flessibile alla più piccola impressione, e cedevole a qualsiasi suggestione».
Infine, è inutile – concludono i giudici – ragionare se il reato sia stato tentato o consumato.
In considerazione di tutto ciò, Salvatore è giudicato colpevole di «stupro violento». A che pena condannarlo? Il reato da lui commesso è un misfatto41 punito con la pena criminale della reclusione42. Occorre, però, considerare che il colpevole ha un’età compresa tra i 14 e i 18 anni e ciò comporta una mitigazione del trattamento sanzionatorio da infliggergli43. Più precisamente, ai sensi dell’art. 66, co. 2, delle Leggi penali, la Corte, in alternativa alla reclusione, è tenuta a scegliere o la pena più mite della relegazione44 oppure una tra le pene più miti ancora della prigionia o del confino45. Ebbene, l’organo giudicante, tenuto conto delle «circostanze del fatto», ritiene «sia giusto» condannarlo alla relegazione per sei anni nonché alle spese di giudizio pari a 16,18 ducati.
39 L’art. 22 delle Leggi penali prevedeva: «La pena della prigionia si esegue in una casa di correzione, ove i condannati son chiusi e costretti ad occuparsi, a loro scelta, di uno de’ lavori quivi stabiliti».
40 ASCE, ivi, Verbale della pubblica discussione, Santa Maria, 10 ottobre 1859.
41 Sulla classificazione dei reati cfr. C. LATINI, Codice penale e “sistema tripartito”: la distinzione tra crimini, delitti e contravvenzioni nel Codice per lo Regno delle Due Sicilie, in Il Codice per lo Regno delle Due Sicilie… cit., Napoli,
2020, pp. 69-81.
42 L’art. 11 delle Leggi penali prevedeva: «I condannati alla reclusione son chiusi in una casa di forza, ed addetti a’
lavori, il di cui prodotto potrà per una parte esser impiegato a di loro profitto, secondo i regolamenti che farà il
Governo. La durata di questa pena – così il secondo comma – non sarà minore di sei anni, né maggiore di dieci».
43 Sull’art. 66 delle Leggi penali cfr. nota 33. Sui rapporti tra imputabilità e minore età nel sistema attuale cfr. G.
FIANDACA-E. MUSCO, Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2021, pp. 351-352.
44 L’art. 12, co. 1, delle Leggi penali prevedeva: «La relegazione si esegue trasportandosi il condannato in un’isola, per dovervisi trattener libero nel corso della condanna».
45 L’art. 55 delle Leggi penali riportava le pene secondo un ordine decrescente di gravità. La reclusione si collocava al settimo “posto”. A seguire la relegazione e, poi, sullo stesso “gradino”, la prigionia e il confino. In cosa consistesse il confino lo precisava l’art. 24 delle Leggi penali: «Il confino consiste nel prescrivere al colpevole di abitare in un
disegnato comune nell’ambito della propria provincia o valle, alla distanza almeno di sei miglia dal comune del proprio domicilio, e da quello del commesso delitto. In caso di trasgressione la pena del confino si convertirà in altrettanto tempo di prigionia».
GRAVANTE, Un caso di violenza sessuale al muraglione
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6. Considerazioni finali
Perché raccontare la vicenda descritta a distanza di più di centocinquant’anni? Le ragioni sono tante quanti gli spunti di riflessione che essa offre. Tra questi può risultare interessante sviluppare quello relativo al trattamento processuale riservato a Teresa: più precisamente, si vuol provare ad immaginare come si sarebbero sviluppate l’istruttoria e il processo se “ieri” fosse stato vigente il codice di procedura penale di “oggi”, guardando il tutto dalla prospettiva della vittima.
Ebbene, volendo iniziare con le indagini preliminari, il giudice del Circondario di Capua, appena saputo della violenza sessuale denunciata, ne avrebbe dovuto informare al più presto il procuratore generale del re. Infatti, ai sensi dell’art. 347, co. 3, del Codice di procedura penale (in seguito c.p.p.), la Polizia giudiziaria, quando acquisisce notizia del reato di violenza sessuale, ha l’obbligo di comunicarla immediatamente, anche in forma orale, al P.M., così che questi è nelle condizioni di assumere in tempi rapidissimi la direzione delle indagini. In altre parole, le notizie di violenza sessuale, a dir così, “viaggiano” lungo una corsia preferenziale che dalla Polizia giudiziaria
le porta al P.M. più velocemente rispetto alle notizie della generalità dei reati. L’obiettivo è chiaro: velocizzare l’avvio del procedimento penale46.
Ricevuta la notitia criminis e iscritta nell’apposito registro tenuto presso gli uffici di procura, il Procuratore generale del re – se all’epoca fosse stato vigente il “nostro” codice di rito – avrebbe dovuto valutare se assumere informazioni, entro i successivi tre giorni, sia da Teresa sia dalla madre (la prima in qualità di persona offesa, la seconda in qualità di querelante). Il co. 1 ter dell’art. 362 c.p.p., infatti, prescrive al P.M. di vagliare se compiere il citato atto investigativo nel termine prescritto: si tratta di un «obbligo di attivazione»47 funzionale ad accelerare la trattazione
della notizia ricevuta e a dare attuazione al diritto della vittima di essere sentita senza indebito ritardo48.
Durante l’escussione di Teresa, poi, oltre al procuratore generale del re – o, in alternativa, al giudice del Circondario delegato49 – ci sarebbe stato anche un esperto in psicologia o in psichiatria
infantile, una figura, questa, che il codice vigente prevede in funzione di supporto al fine di
agevolare lo svolgimento dell’atto investigativo50.
Alla cautela detta se ne sarebbe aggiunta un’altra: non escutere Teresa più volte – salvo che ciò fosse stato assolutamente indispensabile per le indagini – così da evitarle di dover ricordare e raccontare in più occasioni le violenze subite, preservandola in questo modo dallo stress da procedimento.
Ciò detto per le indagini preliminari, si opererà allo stesso modo per la pubblica discussione.
Innanzitutto, la pubblica discussione si sarebbe svolta a porte chiuse. Il codice vigente, infatti, dispone di procedere sempre così in dibattimento quando la persona offesa dal reato di violenza sessuale è minorenne (art. 472, co. 3 bis, c.p.p.)51.
46 Cfr. D. RUSSO, Emergenza “Codice rosso”, «Sistema Penale», 2020, 1, pp. 9-10; A. MARANDOLA, L’obbligo di
immediata comunicazione della notizia di un reato da codice rosso, in Codice rosso. Commento alla l. 19 luglio 2019,
n. 69, in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, a cura di B. ROMANO, A. MARANDOLA, Pisa,
2020, pp. 13-29; G. AMATO, Colpo di acceleratore sulla trattazione delle notizie di reato, «Guida al diritto», 2019, 37, pp. 66-70.
47 AMATO, Colpo di acceleratore… cit., p. 69.
48 Cfr. F. PAGLIONICO, La tutela delle vittime da codice rosso tra celerità procedimentale e obblighi informativi,
«Sistema penale», 2020, 9, pp. 157-164; RUSSO, Emergenza… cit., pp. 10-13; A. MARANDOLA, La norma cardine del sistema processuale: l’assunzione delle informazioni da parte della persona offesa, in Codice rosso… cit., pp. 31-43.
49 G. AMATO, Spazio alla delega dell’obbligo di sentire la persona offesa, «Guida al diritto», 2019, 37, pp. 71-73.
50 Cfr. L. ALGERI, Il microsistema della testimonianza della vittima “vulnerabile”: aspetti giuridici e tecniche di
intervista, in Contrasto a violenza e discriminazione di genere. Tutela della vittima e repressione dei reati, a cura di P. FELICIONI-A. SANNA, Milano, 2019, pp. 150-156; C. CESARI, “Il minore informato sui fatti” nella legge n. 172/2012,
«Rivista italiana di diritto e procedura penale», 2013, 1, pp. 157-193.
51 Le Leggi della procedura ne’ giudizj penali, invece, prevedevano la possibilità di procedere a porte chiuse quando la discussione in udienza pubblica potesse «offendere il buon costume, o cagionare scandali e gravi inconvenienti» (art. 219). A ciò si aggiunga che, il presidente, «per motivi gravi», poteva disporre che una persona fosse ascoltata nella discussione «in presenza delle parti, e fuori della presenza del pubblico» (art. 220).
GRAVANTE, Un caso di violenza sessuale al muraglione

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