di Olindo Isernia
La fanciullezza
Ottorino Rinaldi nacque a Roma il 14 gennaio 1890. Per i coniugi Rinaldi, Pietro e Clelia Grillotti, si trattava ormai del terzo figlio, ma anche del primo maschietto, venuto al mondo dopo due sorelline.
«Bambino vivace, birichino, intelligente», lo descriveva il padre (1) a distanza di un anno dalla sua morte, gioia sua e della mamma e despota del nonno, «che gli fomentava tutti i capriccetti». A meno di sei anni, dopo che la famiglia, per motivi di lavoro, si era trasferita a Caserta, Ottorino cominciò a frequentare le scuole elementari municipali. Così lo ricordava il suo maestro, Ciro Pagliuca: «Fanciulletto, Ottorino Rinaldi, fu mio allievo. Della bella creatura tre cose mi produssero viva, incisiva impressione: la chioma fulva, disordinata, abbondante, di piccolo poeta, giubba da leoncello; gli occhi vivaci, ardenti; l’intelligenza viva, portentosa, potentissima» (2). In quei primi studi si distinse ben presto, manifestando fin da piccolo una naturale predisposizione allo studio ed alla conoscenza. Contemporaneamente fornì anche prova di essere dotato di un intuito artistico non comune, che gli consentì, a poco più di cinque anni, sebbene fosse a digiuno di nozioni musicali, di suonare ad orecchio sul pianoforte pezzi anche di una certa difficoltà. Questa naturale predisposizione egli, poi, crescendo negli anni, sviluppò al massimo grado, al punto che gli era sufficiente ascoltare una sola volta un’operetta, un valzer, un’aria, eseguiti, in piazza Margherita, dalla banda militare o municipale, per essere in grado di riprodurli fedelmente al piano, una volta ritornato a casa, senza saltare una nota. Suonava spesso in casa, la sera, rendendo più dolce il riposo in poltrona del padre, di ritorno dal lavoro (era impiegato alle Poste di Napoli) oppure, con un certo successo, in occasioni di feste di amici e di liete ricorrenze in famiglia.
All’età di sette anni, quale attore in erba, si cimentò, spesso in parti di protagonista, suscitando la convinta simpatia del pubblico, nelle rappresentazioni, che Pietro Rinaldi, appassionato di teatro e scrittore lui stesso di commedie, dava al “Cimarosa” di Caserta, per raccogliere fondi a favore dei bambini poveri. «Al suo apparire sulla scena, ricorda il genitore, era uno scroscio di applausi – i primi ad applaudire erano i suoi insegnanti – una pioggia di fiori, di confetti, di caramelle, di chicche, ch’egli, dignitosamente, non disdegnava di raccogliere ed intascare, per darne poi parte ai suoi minuscoli compagni d’arte».