
Nelle lotte agrarie del ’20 in Terra di Lavoro è importante constatare che esse non solo non sono occasione – come accade in Puglia – per una fondazione di fasci nella provincia su impulso dei proprietari terrieri,” ma nemmeno riescono a raccogliere un interesse effettivo, da parte di settori sociali borghesi, intorno a iniziative individuali di creazione dei fasci. Le poche iniziative messe in piedi nel ’20 cadono nell’indifferenza generale e perdono rapidamente credito, anche rispetto alla direzione centrale del PNF, per l’isolamento e l’incapacità politica dei promotori.
Dalle corrispondenze col Comitato Centrale dei fasci si ha il quadro della labilità e scarsa serietà dei tentativi individuali (sei in poco più di un anno di fondare il fascio di Caserta. Il primo tentativo, all’incirca nel giugno del ’20 è di un ex combattente ventiduenne, Vincenzo Palmieri che scrive al Comitato Centrale dei fasci, dichiarando di avere l’intenzione di fondare una sezione a Caserta, ripromettendosi di «trovare i soci fra la classe dei contadini, apertamente contrari alle idee del socialismo ufficiale che tentano di affermarsi in provincia, non trovando altri partiti di opposizione che le fermino e le ostacolino».
A questa dichiarazione di «buone intenzioni» segue un fitto carteggio da cui si comprende quale fosse in realtà il maggior obiettivo del Palmieri: ottenere finanziamenti e tessere da distribuire, in numero molto superiore ai soci effettivi, gonfiando a questo scopo le richieste di adesione e facendo abboccare varie volte la direzione nazionale, la quale, in questa fase, pur di affermare la presenza del partito in zone importanti come Terra di Lavoro, é disposta ad affidare somme considerevoli al primo avventuriero che si presenti.
L’uomo a cui Palmieri – dopo aver sfruttato al massimo la «buona fede» della direzione dei fasci – trasmette dopo un anno le sue funzioni é un certo avv. Lamberti, ufficiale in congedo. Lamberti non dà certo maggior affidamento del predecessore. Nella sua prima lettera, del 29 marzo 1921, informa che sono in vita nella provincia numerosi fasci tra i quali quelli di S. Maria Capua Vetere, Capua, Nola, Piedimonte d’Alife e Sora.
L’annuncio è però in contraddizione con il primo censimento prefettizio, del 17 marzo 1921, dei fasci di Terra di Lavoro. Secondo questo censimento mentre a Caserta esiste una sola sezione con 300 iscritti e solo 50 attivi, in gran parte studenti e studentesse minorenni, non ci sono fasci nella provincia; a Sora, Roccasecca, Cassino e Aquino esistono piuttosto nuclei di ex combattenti (è una ulteriore conferma della matrice combattentistica del primo fascismo campano), che – secondo il prefetto – «tendono a trasformarsi in fasci». Un mese dopo il prefetto, nell’annunciare che gli aderenti alla sezione di Caserta sono saliti a 600, riferisce che il Lamberti ha dato le dimissioni per essere libero di appoggiare la lista di Alberto Beneduce, contro le direttive del fascio di cui era fiduciario.
Dopo un intermezzo di alcuni mesi in cui si succedono, con scarsa fortuna, altri due fiduciari, si deve aspettare la fine del ’21 perché il segretario regionale Padovani riunisca gli elementi sbandati dei vecchi fasci per riorganizzare ex-novo la sezione.
II fascio di Caserta, riconosciuto dal Comitato Centrale, viene così fondato ufficialmente soltanto il 7 marzo 1922, i suoi iscritti, questa volta autentici, sono 35!
Mentre il fascismo si trova nella provincia in questa precaria situazione, si svolgono, nella primavera del ’21, le elezioni, con un asse politico spostato notevolmente più a destra rispetto a quello del ’19.
Infatti mentre i nittiani si mantengono compatti e aumentano i loro voti, accogliendo al loro interno le clientele del nazionalista Paolo Greco, i loro antagonisti, i democratici-combattenti di Casertano e Beneduce, consumano definitivamente la loro rottura, già maturata dopo le elezioni del 19, presentandosi con due liste differenziate.