Destinazione della Reggia – Si puo?
Lecito e una corrispondenze apparse in altrettanti (a dir poco quotidiani e periodici, non ci dividono a sfiorar l’argomento senza chiudere, timidamente Si può? Crediamo peraltro si possa da chi durante lunghi anni mai ristette dal protestare contro le ripetute ingiurie arrecate alla nostra Reggia, anche, e più ancora, quando sulle dita contavissi i peregrini che avessero a cuore le sorti del nostro maggior monumento mentre uffici e privati ad esso guardavano come a comodo rifugio e neppur mancava celi addirittura pensasse alla soluzione della crisi edilizia –merce di Real Palazzo – della città capoluogo… Poi i tempi mutarono e con essi le cose mutan sempre le cose), e più non si contarono i banditori dell’intangibilità della Reggia, tra i quali facile fu scorgere pur chi di noi aveva sorriso un giorno tacciandoci di passatisti sentimentali e… antisociali
Non è pero a dire se e quanto legittima sia oggi la nostra soddisfazione, che neppur ci mancò del resto quando, – rari nantes in gurgite past, la voce della coscienza traducemmo in pubbliche proteste.
Sperammo quindi – mutata fortuna – che, protetta ormai da invasioni e danneggiamenti, avesse la Reggia adeguata destinazione e consona allo spirito del decreto di devoluzione al Demanio dei beni della Corona; e tanto più ciò sperammo in quanto ben sapevamo quale illuminato criterio accendesse di zelo l’operosità del nuovo sopraintendente all’arte della Campania, comm. Chierici.
E logica ci apparve (e a chi non sarebbe apparsa tale?) la possibile destinazione di parte dei reale edificio, a sede del Museo Campano (più timidamente: Si può?), il quale solo così si sarebbe trovato in condizioni di vita, di efficienza, d’incremento.
Se non che, all’accenno dell’idea, pur così degna di esser presa in considerazione, si rispose con un monosillabo che fu tutto un eloquente discorso: si rispose con un ” ah! „ assai significativo e tale da troncare ogni discussione. Ci si fece comprendere dunque che tra persone intelligenti è facile comprendersi come del Museo Campano non fosse proprio a parlare; e però, scartata a priori ogni idea al riguardo, chiara la necessità che il Museo restasse a Capua: vi restasse comunque in disordine, in abbandono (*), in assoluta inefficienza, da nessuno visitato, a pochi noto ma vi restasse; Capua, insomma, non doveva “perdere „ il Museo. Non lo aveva forse esplicitamente e solennemente dichiarato S. E. Casertano: “posso assicurare che Capua non perderà la sede del Museo „? E Capua non perderà la sede del Museo ! Anche gli istituti ed i monumenti — è risaputo – seguono le fortune degli uomini… E noi, eternamente ingenui, credemmo invece che il Museo Campano fosse della Provincia; che fosse per gli studiosi e per il pubblico; e non dovesse essere una inutile decorazione civica; che infine credemmo – il notevole sovvenzionamento dell’Amministrazione Provinciale dovesse pur avere un corrispettivo pubblica utilità in un istituto di cultura… Ingenui! Di fronte, dunque, alla triste sorte del Museo Campano, al vuoto ed al buio che circondavano gli sforzi generosi e le durate fatiche dei fondatori, ci facemmo ad invocare – extremum subsidium -la “statizzazione „ dell’istituto unica ancora di salvezza, unico mezzo per trarre da sterile ed indecorosa vita il Museo Campano. Sarà adottato l’invocato provvedimento? Speriamolo! Ed osserviamo, nell’attesa, che, qualora l’Amministrazione Provinciale si ostinasse a lesinare le poche migliaia di lire sul concorso annuo stanziato, ingenerando così l’unico ostacolo, significherebbe voler condannare il Museo ad una vita senza scopo e farlo inutilmente gravare sul bilancio della Provincia. Ci pensi dunque 1’on. Commissione Reale! Intanto, se l’attesa regificazione dell’istituto non dovesse avverarsi istituto Eccellenza Fedele salvi l’Istituto archeologico campano) non penserebbero alcuni enti – che siano in grado di tarlo – di ritirare le opere d’arte e gli avanzi archeoiogici nel Museo depositati perché ivi potessero essere meglio osservati, studiati, illustrati?
Alludiamo specialmente al Comune di Sessa Aurunca, il quale al museo Campano affidò il magnifico trofeo del Cordova; la grandiosa tavola politica cinquecento dell’ex monastero di S. Anna; le varie iscrizioni romane, tra cui ì’ l’importante titolo Sillano e l’altro Augusteo rinvenuto, nei compresi del meraviglioso Criptoporaco (teste messo in luce, per le provvidenze del ministro Fedele, nell’ alterezza, della sua mole) ed altri avanzi e cimeli che ben farebbero parte di un primo nucleo di oggetti da destinare all’istituendo Museo Civico Aurunco nel quale, certo meglio che nel Museo Campano — qual è oggi — sarebbero i cospicui avanzi ed opere d’arte non pure più visibili, ma anche meglio a studiarsi alla luce delle particolari tradizioni e della locale topografia.
Ma torniamo alla Reggia. Circa la cui destinazione, dunque, apparve risolutivo il progetto dei lodato sopraintendente comm. Chierici: fare cioè dell’edificio vanvitelliano il Palazzo di Rappresentanza Nazionale, per uso dei Congressi Internazionali: progetto genialissimo, cui ben plaudimmo come plaudiamo all’unanime consenso ch’esso incontrò in enti, accademie, istituti, ecc., i quali però forse ignorano come la nostra i provincia possegga un Museo storico archeologico importantissimo, con una non meno importante Biblioteca annessa, abbandonata l’una e l’altro in locali insufficienti, in un angolo morto della Provincia, virtualmente chiusi agli studiosi ed al pubblico… Ma all’idea grandiosa e seducente i piccoli problemi – sian pure quelli inerenti agli studi ed alla cultura cedono di fronte agli altri, tanto più importanti, che si legano alla vita sociale e nazionale, promettono lustro e vantaggi ad una cittadina di provincia di scarse risorse, che assicurerebbero alle nostre contrade un provvido incremento industriale agitando e risolvendo questioni stradali, turistiche, economiche, ecc.
E però tutti i nostri voti perché Caserta diventi di fatto e presto la Varsailles d’Italia, e che i cennati problemi accessori siano adeguatamente studiati e risolti.
Sembra peraltro che un’eco della vita della nostra Provincia sia pure della più umile vita industriale non debba tacere nell’attuazione del geniale progetto, giacché generale consenso, in seno alla Commissione per gl’interessi di Caserta e per la valorizzazione della Reggia, trovò la proposta dell’on. Tescione, di istituire cioè in una parte del monumentale edificio, una mostra permanente di quanto di più caratteristico offre Terra di Lavoro: ottima anche questa idea, da noi già caldeggiata un paio d’anni fa, nella Rivista Campana. Nella superba , mole architettonica, dunque, destina com’è, a sede di convegno e di congressi una mostra che informasse delle peculiarità naturali e delle attività industriali e manifatturiere della Provincia (così poco apprezzate e punte incoraggiate) sarebbe invero una giusta e provvida istituzione ! E ci lusinga però la speranza che il posto che nella Reggia non trovò il Museo Campano, trovi, almeno, la mostra permanente delle piccole industrie Ma quanto più giusto se a questi si fosse accompagnata l’altra, che la Provincia illustrasse nelle sue antichi civiltà, nelle grandi memorie nelle sue glorie… Che ne pensereste voi anime elette e generose di Gabriele Jannelli, Giulio Minervini, Demetrio Salazaro, Luigi Tosti, Onofrio Buccino, Angelo Broccoli ed altri condegni i quali, nel 1879, in seno alla Commissione Conservatrice dei Monumenti, che così degnamente costituiste formulavate il voto perché lato della mostra agrario industriale, da tenersi in quell’anno in Palazzo reale avesse luogo anche luogo anche una mostra provinciale ? Che ne pensavate in una vostra deliberazione che se giusto è mettere in evidenza ben più giusto è mettere in evidenza i prodotti dell’industria ben più giusto è mettere nel debito rilievo i prodotti dell’antica cultura gli avanzi delle tramontate civiltà i cimeli della nostra storia regionale ? Ma oggi, le commissioni conservatrici del Monumento fa quel che possono.
Nicola Borrelli ** “Terra di Lavoro” 1926
(*) – Niuno pensi che l’accenno all’abbandono ed al disordine che regnano nel Museo Campano possa nascondere qualche illusione all’opera di quella Direzione o di dipendenti e ormai a tutti noto come di più non possa rare il chiaro direttore, comm. Orsini, e come più di quanto possono è noto facciano il solerte bibliotecario prof. Mantese ed il bravo -ed ottimo custode. Dell’ entità, carattere e ragioni nel deplorato abbandono e disordine diecenno in un’altra sede e qui il caso di ripetersi.
** Nicola Borrelli nacque a Pignataro Maggiore, paese in provincia di Caserta, l’8 dicembre 1878.
Adolescente, agli studi classici preferì la pittura, arte alla quale si dedicò, passionalmente, per oltre dieci anni, dapprima nel paese natale sotto la guida di Luigi Toro e successivamente a Napoli, dove fu allievo di Vincenzo Volpe, e a Roma, luogo in cui frequentò anche l’Accademia inglese. Negli anni della maturità, oltre che a rafforzare la sua formazione classica, si impegnò nella storia locale, ed approfondì particolarmente gli studi numismatici e folcloristici, contribuendo considerevolmente al dibattito scientifico su riviste di prestigio nazionale.
Il suo nome appare nell’elenco dei soci dell’Associazione Storica Regionale fin dal 1915, al numero 25, decimo tra i corrispondenti.
In Archivio Storico del Sannio Alifano e contrade limitrofe (1917, n. 4, p. 50; 1917, n. 5, p. 98; 1920, n. 5, p. 98) sono recensiti alcuni dei suoi primi scritti.
Oltre a queste notizie compaiono nell’Archivio Storico anche alcuni suoi contributi riguardanti Sessa Aurunca, Pignataro Maggiore e Cales che, ovviamente, non bastano ad illustrarne la fervente attività pubblicistica che gli consentì a fine carriera di avere una rassegna bibliografica superiore, secondo le ultime ricerche, alle trecentocinquanta pubblicazioni.
Tra le cariche ricoperte e le benemerenze riconosciutegli ricordiamo che fu:
Ø Ispettore onorario dei monumenti e scavi dei Mandamenti di Sessa Aurunca e di Carinola;
Ø Membro della Commissione Provinciale Conservatrice dei monumenti di Terra di Lavoro;
Ø Componente del Consiglio dell’Istituto Nazionale di Demopsicologia;
Ø Relatore per la numismatica nella Mostra E 42 a Roma;
Ø Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia;
Ø Fondatore e direttore della “Rivista Campana” periodico trimestrale di Storia, Etnografia, Lettere e Arte (1921);
Ø Capo redattore del periodico mensile “Miscellanea Numismatica” diretto da M. Cagiati (1922);
Ø Fondatore e direttore del periodico bimestrale “Bollettino di Numismatica e Scienze affini: Medaglistica, Sfragistica, Araldica” (1929);
Ø Direttore della Commissione Scientifica del Bollettino del Circolo Numismatico Napoletano (di cui era socio corrispondente dal 31 marzo 1914), sezione della Società Napoletana di Storia Patria (1929-1933);
Morì a Piedimonte di Sessa il 1° luglio 1952.