QUANDO LE OFFESE SI LAVAVANO COL SANGUE
L’incidente tra i due deputati al Parlamento avvenne nel primo pomeriggio dell’8 gennaio 1897 alla stazione ferroviaria di Caserta. L’on. Michele Verzillo era appena salito sul treno, nel compartimento di prima classe, e aveva appena preso posto di fronte al senatore Giuseppe de Simone, quando si avvicinò loro per un saluto l’on. Francesco Montagna. Mentre questi si intratteneva a scambiare parole di cortesia con l’illustre senatore, il Verzillo cominciò ad apostrofarlo pesantemente, con voce alterata, gridandogli che non era abituato a tollerare certi suoi contegni, riferendosi con queste sue parole, come si evince dalla lettera-testimonianza inviata dal de Simone al Montagna, che ne aveva fatto richiesta, all’ingerenza del deputato di Acerra nel suo collegio di Capua.
A questa aggressione verbale, l’on. Montagna replicò che non era disposto a tollerare un simile linguaggio, salendo contemporaneamente sullo staffone e dando l’impressione di voler aggredire l’on. Verzillo, che, a quel punto, si voltò di scatto e tirò diversi colpi di braccio, che, secondo la versione senz’altro più obiettiva del senatore, non andarono a segno, perché intercettati dal suo braccio. Nel frattempo, il treno si era messo in marcia, ponendo fine forzatamente all’alterco.
Secondo la mentalità del tempo, esistevano nell’episodio tutti i presupposti perché l’offeso, cioè il Montagna, sfidasse a duello l’offensore. Dopo che erano, però, trascorse ventiquattro ore dal fatto, nessun padrino del Montagna si presentò dal Verzillo per comunicargli la sfida. Probabilmente il Montagna, conoscendo l’abilità di spadaccino del deputato Verzillo, di cui, in passato, aveva già dato prova, in altre occasioni (Cf. Olindo Isernia, E fu duello tra gli onorevoli Rosano e Verzillo, in Id., Terra di Lavoro e la sua storia. Dodici contributi, Caserta 2010, pp. 74-75), aveva pensato bene di lavare in altro modo l’offesa ricevuta, facendo tempestivamente pubblicare da vari corrispondenti su alcuni giornali, quali Il Corriere di Napoli, il Don Marzio, Don Chisciotte, una versione dei fatti, che gli salvavano la faccia.
Da parte sua, l’on. Verzillo, ancor più infuriato da quanto aveva letto sui predetti giornali, inviò una lettera, che di certio non può considerarsi un capolavoro di oggettività, al Corriere di Caserta, nella quale l’on. Montagna non faceva per davvero una bella figura, rappresentato com’era incapace della minima reazione, anche solo verbale.
La lettera, che vale la pena di riprodurre integralmente, contribuendo ad arricchire ulteriormente, con particolari coloriti, il quadro di’insieme, era del seguente tenore: «Narro il fatto che accadde l’altro ieri, ore 15,35, alla stazione di Caserta tra me e il deputato Montagna e chiamo a testimonio il senatore de Simone. Era per rivolgersi a me con aria amichevole quando io dissi queste precise parole: “Io ti dico che non sono abituato a tollerare certi contegni”, alzando piuttosto la voce. Soggiunsi queste precise parole: “Tu sei un villano, un porco”. Il deputato Montagna senza profferir sillaba, fece atto di slanciarsi verso di me, quando io, levatomi subito in piedi, slanciandomi verso di lui, gli detti due forti manrovesci, che lo colpirono alla tempia e alla faccia. Il senatore de Simone s’interpose, il deputato Montagna si allontanò di due passi fermandosi sui marciapiedi, raggiunto dal fratello e d’altra persona. Nel pormi a sedere col capo fuori allo sportello dissi: “Ti ripeto, porco, villano, sappiti regolare”. Non rispose, scambiandomi solo guardate torve per uno o due minuti, dopo i quali, fermo sempre il treno in stazione, il Montagna si allontanò. Poco dopo il senatore de Simone, col suo tratto sempre cortese, quasi per vincere il mio turbamento, disse: “Basta ora: o se la tiene o ti manda a sfidare”. “Che faresti tu? gli domandai. Il gentiluomo rispose: “Manderei senz’altro a sfidare; vuoi che dessi querela?”. Ma aspettato indarno le 24 ore, il deputato Montagna non ha sfidato, ma ha fatto scrivere da corrispondenti ad alcuni giornali versioni del tutto inesatte o false. Inesatto, come si è scritto a Il Corriere di Napoli, che vi fu un diverbio fra noi, e che poi venimmo alle mani. Falso, come si è scritto al Don Marzio, che alle ingiurie il Montagna rispose con ingiurie e mi prese pel petto. Dal marciapiede il Montagna prendeva me pel petto, mentre io era in piedi nel vagone? Falso, falsissimo come si è scritto sul Don Chisciotte che mi prese pel soprabito e mi disse che all’ingiurie rispondeva con i pugni. Perché non scrive di avermeli anche dati? Tre diverse versioni! La condotta del deputato Montagna dopo il fatto mi ispira disgusto e disprezzo. Io aspetto ancora, e se mai la sua viltà lo ha convinto che deve non l’offeso, ma l’offensore domandare conto di offese non avute, ma fatte, lo dica chiaro perché, per questa volta, io lo seconderò nel suo specioso sistema. 10 gennaio 1897, Michele Verzillo deputato al Parlamento».
Il contenuto della lettera dovette sembrare al Montagna davvero troppo per il suo onore offeso, decidendolo finalmente a lanciare la sfida al Verzillo. Il giorno 13 gennaio, come è annotato nel primo dei due verbali per l’occasione redatto, si presentarono all’on. Verzillo il deputati Federico Colaianni e Marziale Capo, dichiarando di essere rappresentanti dell’altro deputato Francesco Montagna «per domandargli una riparazione per una lettera pubblica sul Corriere di Caserta». Il Verzillo presentò allora, immediatamente, i due suoi rappresentanti, il deputato Morelli ed il capitano d’artiglieria, Vincenzo d’Erchia, «lasciandoli a discutere».
I rappresentanti delle due parti, ritiratisi in una sala separata del Caffè della stazione ferroviaria di Caserta, presero in esame la questione. Colaianni e Caso fecero noto che causa della sfida era la citata lettera, in cui l’on. Verzillo affermava di aver dato all’on. Montagna due forti manrovesci, colpendolo alla tempia ed alla testa, aggiungendo, inoltre, che erano in possesso della lettera inviata, come si è detto, dal de Simone al deputato di Acerra, che, come si è fatto per quella del Verzillo, è anche opportuno riportare nella sua interezza.
«Roma, lì 11/1/97 Carissimo amico. Tu mi chiedi che io testimoni come seguì l’altra sera il deplorevole incidente tra te e l’on. Verzillo ed io mi sento in dovere di contentarti e lo faccio. Stavo io in un compartimento di prima classe quando, giunto alla stazione di Caserta, entrò in esso anche l’on. Verzillo e prese posto di fronte a me. Un momento dopo venisti tu gentilmente a salutarmi, e mentre ci scambiavamo parole di cortesia, l’on. Verzillo ti apostrofò, dicendo che non tollerava la tua ingerenza nel suo collegio elettorale. Allora tu rispondesti che non eri disposto a tollerare un simile linguaggio e salisti violentemente sullo staffane, come per aggredirlo. Egli si levò di scatto e ti lanciò diversi colpi, che io parai col braccio e non feci giungere fino a te. Ti disse parole ingiuriose, alle quali ne rispondesti altre ed il treno partì e non potette, per conseguenza, l’alterco seguitare. Eccoti servito. Mille saluti e un abbraccio Tuo dev.mo amico Giuseppe de Aimone – Onorevole Cav. Francesco Montagna, Deputato al Parlamento – Roma».
La lettera, «per debito di lealtà», fu mostrata ai rappresentanti del deputato Verzillo, ma di essa non si discusse neppure. I signori Morelli e d’Erchia, «desiderosi di definire sollecitamente la vertenza», che, in nessun modo era stato possibile conciliare bonariamente, vennero, senza indugio, a stabilire «le condizioni dello scontro». Colaianni e Caso dichiararono che non si sarebbe fatto uso del guantone; che lo scontro avrebbe avuto termine a giudizio dei sanitari assistenti; che il sito sarebbe stato nelle vicinanze di Napoli, ovvero anche a Napoli, se fosse stato possibile trovare un idoneo sito aperto; che si riservavano di indicare il posto prescelto a Morelli e a d’Erchia l’indomani stesso, al loro arrivo a Napoli all’una e quaranta pomeridiane.
La scelta del luogo in cui si doveva svolgere il duello, il 15 gennaio, cadde, alla fine, su Villa Poli, a Portici, nel sito detto Bella Vista. Nel predetto giorno, dopo che furono espletate le indispensabili formalità, gli onorevoli Montagna e Verzillo scesero in guardia. Dopo cinque assalti, l’on. Montagna fu toccato al dorso della mano destra. A quel punto, «per accordo completo dei due medici assistenti», il duello ebbe termine. La ferita riportata dal Montagna, come si legge nel secondo verbale, consistette in un taglio di tre centimetri, «interessante i connessi legamenti e lo strato muscolare».
Al momento di congedarsi, i due onorevoli, restando sulle rispettive posizioni, rifiutarono di riconciliarsi e di stringersi la mano.
Olindo Isernia